venerdì 17 giugno 2011

IL BALLO DELLA TERRA : Cosa vuole dire germoplasma viticolo autoctono?


Cosa vuole dire germoplasma viticolo autoctono?

Un profetico intervento di Attilio Scienza a Ruralia (Gorizia Fiere) 4 ottobre 2002



Questo intervento di Attilio Scienza di oltre due anni fa, su un tema oggi quanto mai attuale e sentito, mostra come il problema della salvaguardia dei vitigni autoctoni e, più in generale, della preservazione delle biodiversità, sia una problematica di sostanza, tutt’altro che legata a effimere mode. Si tratta di salvaguardare un patrimonio genetico enorme, la cui perdita sarebbe irreversibile, impedirebbe di capire meglio il passato e soprattutto sarebbe un incalcolabile danno per la ricerca futura; andrebbero perdute per sempre una serie di caratteristiche biologiche, fisiologiche, organolettiche, non più in alcun modo riproducibili. E questo processo di salvaguardia-censimento delle varietà a rischio di estinzione deve partire “dal basso”, ovvero dai Comuni e dai viticoltori. E deve avere una ripercussione pratica sulla vitivinicoltura: non si tratta di selezionare delle cultivar da mettere in mostra in una collezione, come in uno zoo… (ndr)



“Io vorrei fare un parallelismo, per iniziare quest’anno il mio intervento sui vitigni autoctoni, tra la scomparsa delle lingue nel mondo e la scomparsa dei vitigni. Un libro molto interessante e recente parla delle lingue che scompaiono come le voci del silenzio o come le lingue mozzate. Ecco noi potremmo fare la stessa cosa con i vitigni che scompaiono, come i vitigni silenti, vitigni che non potranno più esprimersi in un vino. Sandmerg ha composto una piccola poesia sulla scomparsa delle lingue, ve la leggo è molto breve:

‘Le lingue muoiono come fiumi, parole oggi avvolte intorno alla lingua che si infrangono al movimento del pensiero, che ora e oggi parlano tra denti e labbra, tra diecimila anni saranno sbiaditi geroglifici’.



Sono circa seimila le lingue parlate nel mondo, ma solo dal 10% della popolazione. Nel Caucaso si perdono circa 100 vitigni all’anno in modo irrimediabile. In Italia 10 vitigni coprono il 50% della superficie coltivata a vigneto. Nella nostra penisola su circa 1500 vitigni presenti, solo 350 sono catalogati e possono essere coltivati. Vedete tra lingua e parola vi è la stessa differenza che tra vitigno e viticoltura, può scomparire una lingua o un vitigno, ma non scompare la parola, la viticoltura.



Come nella lingua, l’estinzione di un vitigno passa attraverso la trasformazione, pensate alle lingue che si sono formate dal latino, le lingue di origine romanza, nei vitigni dalla produzione della varietà Italia ai cloni. Il parallelismo è continuo, noi cercheremo di creare questa identità.

Un altro modo perché un vitigno si estingua è la sostituzione. Quando una lingua viene dall’estero si sostituisce ad un’altra e finisce per essere assimilata. Così i vitigni stranieri si sostituiscono lentamente a quelli autoctoni. Un altro modo per far scomparire una lingua o un vitigno è l’estinzione; l’estinzione di una lingua è l’abbandono totale del suo uso, quella che gli ultimi vecchi balbettano, quello che succede nelle zone viticole marginali per i vitigni reliquia. Vedete la morte di una lingua è come la scomparsa di un vecchio vitigno, è un fenomeno collettivo, tutto il corpo sociale cessa di parlare quella lingua, così l’intera tradizione viticola ed enologica muore e si trasforma. È l’unica testimonianza che abbiamo dal passato, il vitigno, non sono le tecniche enologiche, quelle si sono evolute e non tornano più indietro, non sono, diciamo così, i modi di consumare il vino, che rimangono, è solo il vitigno che ci collega con il passato. Quali sono le tappe di questa estinzione? Intanto la mancanza di un’educazione nella lingua autoctona, così come in viticoltura i cambiamenti nella coltivazione della vite sono i primi a portare nuove varietà, la modernizzazione della viticoltura ha come prima conseguenza l’introduzione di nuove varietà, quindi i vecchi vitigni vengono via via emarginati. Un’altra tappa dell’estinzione è quella che viene chiamata il bilinguismo diseguale. Cos’è? È lo scontro tra due lingue, quando una lingua forte si incontra e si scontra con una lingua debole, la lingua debole, per motivi culturali o per motivi anche economici, viene eliminata. Il mercato mondializzato esige, diciamo così, i vitigni internazionali. È difficile comunicare i vitigni autoctoni; solo i vitigni internazionali si giovano di una comunicazione mondiale (…) che ci consente di vendere quei vini dappertutto. Un’altra cosa importante che fa scomparire una lingua è quello che viene chiamato il prestito. Cos’è il prestito? Il prestito linguistico è il passaggio da una lingua all’altra attraverso una continua sostituzione di termini. Quante sono nella nostra lingua le parole di origine francese o inglese o di altre parti? Continuamente noi sostituiamo parole della nostra lingua con parole che vengono da altre lingue. E così i vitigni “miglioratori” fanno il loro ingresso strisciante nella nostra viticoltura. Sono dei prestiti linguistici, sono dei prestiti viticoli, un po’ alla volta entrano e si modificano, all’inizio sono il 20%, poi diventano il 30%, poi il vitigno autoctono è solamente una piccola cosa e così via. Le cause tutti voi le conoscete. Sono cause di diverso tipo, pensate alle cause fisiche. Nel caso della lingua, per esempio, quando in modo molto violento muoiono tutte le persone che parlano quella lingua, muore anche la lingua. Ma è un caso abbastanza raro, non così frequente, ci vogliono catastrofi, epidemie, migrazioni perché una lingua scompaia. Nella vite, per esempio, non è stata la fillossera la maggior causa di scomparsa, ma sono stati quei fenomeni che sono intervenuti tra il 1400 e il 1700, quando, per un cambiamento climatico sostanziale, gran parte della viticoltura del Nord scompare e molti vitigni che non erano adatti a questi climi freddi vengono abbandonati. È quella la più grande erosione genetica. Pensate che nella notte del 5 gennaio 1709 una grandissima gelata distrugge gran parte della viticoltura europea. La gran parte di quei vitigni non vengono più coltivati. Perché? Perché dopo una così forte perdita di produzione, la domanda di vino da parte del consumatore è talmente impellente, talmente forte che il viticoltore pianta solo vitigni produttivi e non pianta vitigni di qualità. Tutti i vitigni di qualità vengono in quelle occasioni completamente eliminati. Pensate quindi che grande perdita (…). Un’altra causa è quella della riduzione degli spazi naturali.

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